Cambiamento climatico e crescita economica 

La stagione estiva 2023 ha portato all’attenzione della cronaca preoccupanti fenomeni climatici, come ad esempio le altissime temperature raggiunte in molte località del sud Europa o le tempeste e gli eventi avversi che hanno flagellato alcune regioni del centro Europa. Questi eventi climatici avversi generano un incremento dei rischi di incendi e/o dissesti idrogeologici con conseguenti impatti economici negativi.

Negli ultimi giorni molti scienziati, tra questi anche il premio Nobel Giorgio Parisi, si sono uniti in un appello per sensibilizzare ulteriormente l’opinione pubblica: “Questo non è maltempo ma effetti del cambiamento climatico”.


Ma cos’è il cambiamento climatico? 

 

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Dal punto di vista scientifico, il cambiamento climatico è un mutamento persistente e a lungo termine delle condizioni atmosferiche. Il cambiamento climatico è principalmente causato da un insieme di gas a effetto serra (GHG) che si accumulano nell'atmosfera, tra i quali l'anidride carbonica (CO2) è il più comune. Questi gas contribuiscono all'effetto serra e agiscono come un isolante sul pianeta, aumentando la temperatura media nell'atmosfera, sulla terraferma e dell’acqua. Secondo l’agenzia delle Nazioni Unite UNFCCC per cambiamento climatico s'intende “un cambiamento del clima attribuito direttamente o indirettamente all'attività umana che altera la composizione dell'atmosfera globale e che si aggiunge alla variabilità climatica naturale osservata in periodi di tempo comparabili".

Certo, la scienza del clima non è ancora in grado di comprendere in modo esaustivo gli effetti del cambiamento climatico, soprattutto perché il fenomeno interagisce con altri fattori e non è dunque una questione semplice isolare cause ed effetti. Inoltre, i dati storici sono insufficienti (gli esseri umani non hanno mai sperimentato prima di oggi un ambiente in cui la concentrazione di CO2 nell'atmosfera superasse le 400 parti per milione) ed è dunque una questione non ovvia per gli scienziati modellizzare scenari dei possibili futuri percorsi delle temperature globali.

In ogni caso, si stanno facendo importanti passi in avanti in termini di accumulazione di nuova conoscenza e analisi, che vengono utilizzate per produrre stime di impatto sul PIL: “Le misure basate sul PIL riescono a cogliere gli effetti degli aumenti di temperatura media attraverso meccanismi quali la variazione della produttività, degli investimenti, dell’offerta di lavoro”.

 

A questo proposito, la Banca d’Italia ha pubblicato di recente un interessante documento sull'impatto economico di lungo periodo dell'aumento delle temperature nel nostro Paese. Lo studio, dal titolo “Dinamica delle temperature e attività economica in Italia: un’analisi di lungo periodo” e curato da Michele Brunetti, Paolo Croce, Matteo Gomellini e Paolo Piselli, esamina in particolare gli impatti sul PIL pro capite dell’aumento delle temperature in Italia a livello provinciale lungo il XX secolo.

Dall’inizio del XX secolo, la temperatura media della superficie terrestre è aumentata a una velocità senza precedenti e la maggior parte degli scienziati concorda sul fatto che le temperature globali siano destinate ad aumentare ulteriormente (fonte: IPCC, 2021).

Ultimi 3 decenni più inquinanti dei 200 anni prima

Emissioni globali di CO2 in miliardi di tonnellate - Fonte: Our World In Data

 

Molte simulazioni suggeriscono che, in assenza di azioni di mitigazione, i futuri aumenti di temperatura potranno determinare progressivamente una significativa contrazione del PIL a causa di effetti diretti o indiretti (ad esempio per gli aumenti dei prezzi delle materie prime):  “L’incremento delle temperature può avere effetti negativi diretti sulla produzione nazionale attraverso un'ampia gamma di canali come la contrazione del prodotto agricolo, la riduzione della produttività dei lavoratori e la flessione degli investimenti in settori più esposti alle conseguenze del riscaldamento globale”. Come precisano gli autori del documento, le stime effettuate sarebbero “per difetto” in quanto inclusive degli effetti negativi diretti dell'aumento delle temperature sulla produzione nazionale ma non comprensive degli effetti derivanti da eventi climatici estremi (catastrofi naturali, incremento della mortalità, deterioramento della salute, migrazioni), Inoltre, non vengono esplicitamente considerate le perdite di “stock” (danni agli edifici, ai terreni, alle infrastrutture).

 

Riscaldamento globale: 1,5 gradi in più nel 2030?

Variazione (in °C) della temperatura media annua della superficie terrestre rispetto ai livelli preindustriali - Fonte: National Oceanic and Atmospheric Administration

 

In assenza di azioni di mitigazione, “una pluralità di studi mostrano che gli aumenti di temperatura influiscono negativamente sull’economia sia nei paesi in via di sviluppo sia in quelli sviluppati e hanno un impatto su diversi settori e sulle principali variabili economiche, (…) influenzando anche le funzioni cognitive individuali e la salute umana.” Molte simulazioni suggeriscono che le aree del mondo più avanzante saranno prospetticamente impattate in misura maggiore rispetto all'aumento auspicato di 1,5° C medi entro il 2100. Le temperature potrebbero infatti aumentare a livello globale tra 0,5 e 1°C circa, fino ad arrivare allo scenario peggiore in cui la temperatura globale potrebbe aumentare fino a +4,5°C (SSP - Shared Socioeconomic Pathways, IPCC).

 

“Le temperature medie in Italia sono aumentate di circa 2°C dall’inizio del secolo scorso con una sostanziale omogeneità dei trend di crescita a livello territoriale. Questi aumenti hanno avuto un impatto negativo sulla crescita del PIL pro capite, accentuatosi alla fine del Novecento parallelamente all’incremento delle temperature nel periodo 1981-2001”. Sulla base delle analisi effettuate dagli autori dello studio di Banca d’Italia “uno scenario di emissioni con aumenti di temperatura di +1,5°C al 2100 potrebbe frenare la crescita del PIL pro capite riducendone l’incremento annuo in un range tra 0,04 e 0,13 punti percentuali, fino a determinarne a fine secolo un livello tra il 2,8 e il 9,5 per cento inferiore rispetto a quello che prevarrebbe se crescesse al suo trend storico”.

Il documento della Banca d’Italia ci indica il range del possibile costo di una mancata transizione: sta a noi mettere in atto delle azioni di mitigazione e riduzione delle emissioni prima che sia troppo tardi.

 

 

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